martedì 25 novembre 2008

Il Convegno nazionale Scholae Cantorum


di Marcello Filotei

Una giornata di studio, un oratorio nuovo e una celebrazione con cinquemila cantori nella basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma. Con questi strumenti l'Associazione Italiana Santa Cecilia ha contribuito alle celebrazioni per l'Anno paolino. Ai partecipanti al Convegno nazionale Scholae Cantorum - che hanno animato la celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete della basilica - è stato offerto Vita mea per soli, coro e orchestra di Valentino Donella, eseguito dalla Cappella Musicale di Santa Maria Maggiore di Bergamo, dal coro Lorenzo Perosi e dall'orchestra Abendmusiken, entrambi di Verona. A dirigere, nel giorno di santa Cecilia, Paolo De Zen.
Nel lavoro, come è chiaramente spiegato nelle note introduttive, "niente vi è che non sia musica e parola, musica e parole impegnative. Nulla vi si trova che ceda alla moda dell'esteriorità, tanto meno alla superficialità, non è un musical, non si fa del rock, non ci si affida a nessun guru da palcoscenico, non si fanno proiezioni, e neppure si intende indugiare sulla problematica linguistica arida e inconcludente - tipica di certa avanguardia musicale - che ha caratterizzato molta produzione dei decenni passati". Il compositore, invece, "crede nell'arte educatrice e comunitaria, nell'arte musicale che veicola messaggi e valori a edificazione di tutti". E di conseguenza chiede all'ascoltatore "l'impegno di concentrarsi per un'ora nell'ascolto e nella riflessione".
Le iniziative dell'associazione - presieduta da monsignor Tarcisio Cola - si inseriscono in un lungo percorso storico che, cominciato nel 1584, ha trovato le sue origini nel movimento di riforma cattolica che caratterizza il periodo di applicazione del Concilio di Trento. Il canonico lateranense Alessandro Marini raccolse a Roma i più noti polifonisti del tempo. Subito aderirono Ancina, Anerio, Animuccia, Antonelli, Giovanelli, Marenzio, Nanino, Palestrina e Suriano, che assieme ad altri diedero vita a una confraternita di musicisti e di cantori.
Attorno al 1600, con la fioritura dei nuovi studi strumentali, la Congregazione fu divisa in due settori: uno per la musica sacra, l'altro per tutto il resto della produzione. Il primo mantenne il nome di Congregazione di Santa Cecilia e si occupò della musica sacra in relazione alla liturgia, l'altro sotto il nome di Accademia Santa Cecilia, si occupò dell'insegnamento teorico e pratico dei vari strumenti, in particolare di quelli a corda e a fiato.
Durante il i Congresso cattolico italiano, a Venezia, dal 12 al 16 giugno 1874, don Guerrino Amelli lanciò l'idea di rinvigorire la Congregazione per riunire in un'ampia associazione tutti i musicisti di chiesa e formulò cinque voti: il riconoscimento della sintonia tra liturgia e musica con supremazia della liturgia, la pubblicazione di un periodico di musica sacra, la ricostituzione dell'associazione ceciliana, l'erezione di una scuola superiore di musica sacra a Roma e la tutela del patrimonio di antiche musiche manoscritte. Nel 1877 a Milano uscì il primo numero della rivista liturgico-musicale "Musica sacra" e il 4 settembre 1880 sempre a Milano si tenne il i Congresso nazionale di musica sacra, che segnò in maniera ufficiale il passaggio dalla semplice congregazione romana a una Associazione nazionale italiana (Aisc).
Per statuto l'Aisc si dette lo scopo di "promuovere e difendere la musica sacra o liturgica secondo lo spirito della Chiesa e l'esatta osservanza delle prescrizioni ecclesiastiche". Punti fermi furono il primato del canto gregoriano, la diffusione della polifonia, l'uso dell'organo. Nel 1911, padre Angelo De Santi fondò a Roma la Scuola superiore di Canto Gregoriano e di musica sacra, divenuto in seguito il Pontificio Istituto di musica sacra.
Dal 1968 l'associazione passò alla diretta dipendenza della Conferenza episcopale italiana, confermando la sua vocazione originaria. L'Aisc, come recitano le note programmatiche, "crede infatti nella distinzione tra musica sacra e profana: non si lascia trascinare da pregiudizi per il latino o per la lingua volgare, per il gregoriano o per la musica moderna, per il canto corale o per il canto dell'assemblea. Tutto quello che è buono, bello, che è pastoralmente valido viene approvato".



(©L'Osservatore Romano - 24-25 novembre 2008)

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