martedì 18 novembre 2008

Libano - la situazione nel Paese nel colloquio fra il papa e l'ambasciatore del Libano

Benedetto XVI al nuovo Ambasciatore del Libano presso la Santa Sede

Impegno per la riconciliazione
sanando le ferite del passato


Benedetto XVI ha ricevuto nella mattina di lunedì 17 novembre, alle ore 11, in solenne udienza, Sua Eccellenza il Signor Georges Chakib El Khoury, nuovo Ambasciatore del Libano presso la Santa Sede, il quale ha presentato le Lettere con le quali viene accreditato nell'alto ufficio.
S.E. l'Ambasciatore, rilevato alla sua residenza da un Gentiluomo di Sua Santità e da un Addetto di Anticamera, è giunto alle 10.45 al Cortile di San Damaso, nel Palazzo Apostolico Vaticano, ove un reparto della Guardia Svizzera Pontificia rendeva gli onori.
Al ripiano degli ascensori, S.E. l'Ambasciatore era ricevuto da un Gentiluomo di Sua Santità e subito dopo saliva alla seconda Loggia, dove si trovavano ad attenderlo gli Addetti di Anticamera ed i Sediari. Dalla seconda Loggia il corteo si dirigeva alla Sala Clementina, dove l'Ambasciatore veniva ricevuto dal prefetto della Casa Pontificia, l'arcivescovo James Michael Harvey, il quale lo introduceva alla presenza del Pontefice nella Biblioteca privata.
Dopo la presentazione delle Credenziali da parte dell'Ambasciatore avevano luogo lo scambio dei discorsi e, quindi, il colloquio privato.
Dopo l'udienza, nella Sala Clementina l'Ambasciatore prendeva congedo dal prefetto della Casa Pontificia e si recava a far visita al cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato.
Al termine del colloquio il Diplomatico discendeva nella Basilica Vaticana: ricevuto da una delegazione del Capitolo, si recava dapprima nella Cappella del Santissimo Sacramento per un breve atto di adorazione; passava poi a venerare l'immagine della Beatissima Vergine e, quindi, la tomba di San Pietro.
Al termine della visita l'Ambasciatore prendeva congedo dalla delegazione del Capitolo, quindi, alla Porta della Preghiera, prima di lasciare la Basilica, si congedava dai dignitari che lo avevano accompagnato e faceva ritorno alla sua residenza.
Questa è la nostra traduzione italiana del discorso del Pontefice.

Signor Ambasciatore,
Sono lieto di accoglierla mentre presenta le lettere che l'accreditano come ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica Libanese presso la Santa Sede. La ringrazio per le sue gentile parole e anche per i saluti cordiali che mi ha trasmesso da parte di Sua Eccellenza il signor Michel Sleiman, presidente della Repubblica, che ho avuto la gioia di ricevere in Vaticano poco tempo fa. Voglia in cambio ringraziarlo e ribadire i sentimenti di affetto e di fiducia che nutro per tutto il popolo libanese, auspicando che prosegua coraggiosamente nei suoi sforzi per costruire una società unita e solidale.
Come lei ha sottolineato, signor ambasciatore, il Libano è la culla di una cultura antica che si è irradiata in tutto il Mediterraneo e oltre, e anche il Paese di numerose confessioni religiose che hanno saputo dimostrare di poter vivere insieme nella fraternità e nella collaborazione. Ricco della sua diversità, il popolo libanese nutre un amore profondo per la sua terra, la sua cultura e le sue tradizioni, pur restando fedele alla sua vocazione di apertura universale. Questa storia millenaria del vostro Paese e la sua posizione al centro di un contesto regionale complesso, gli conferisce come missione fondamentale quella di contribuire alla pace e alla concordia fra tutti.
Con la sua esperienza di vita e di collaborazione intercomunitaria e interculturale, il Libano è un "tesoro" affidato a tutti i libanesi. È dunque loro dovere custodirlo e farlo fruttificare per il bene dell'intera Nazione. Allo stesso modo, auspico che la Comunità internazionale lo protegga e lo valorizzi e che, con il suo impegno effettivo, contribuisca a evitare di fare di questo Paese un terreno di scontro per conflitti regionali e internazionali. Il Libano dovrebbe così essere un laboratorio per la ricerca di soluzioni efficaci ai conflitti che agitano la regione del Medio Oriente da così lungo tempo.
In questa prospettiva, mi rallegro vivamente degli sforzi coraggiosi compiuti negli ultimi mesi da tutto il Paese e dai suoi responsabili per riportare al normale funzionamento la vita politica e tutte le istituzioni nazionali, grazie ai pazienti sforzi di tutti. L'elezione del presidente della Repubblica, la formazione di un governo di unità nazionale e l'approvazione di una nuova legge elettorale non possono che favorire l'unità nazionale e contribuire a un'autentica coesistenza fra le diverse componenti della nazione. Inoltre il "dialogo nazionale", in corso da alcune settimane, sarà certamente l'occasione per chiarire le sfide che il Paese deve raccogliere oggi e definire gli impegni necessari per affrontarle. Auspico dunque che, mettendo da parte gli interessi particolari e curando le ferite del passato, tutti s'impegnino effettivamente lungo il cammino del dialogo e della riconciliazione, per permettere al paese di progredire nella stabilità.
Tuttavia, le tensioni che, purtroppo, sono ancora presenti, mostrano che è necessario procedere con decisione lungo il cammino aperto alcuni mesi fa dagli Accordi di Doha, per costruire insieme le istituzioni libanesi. L'atteggiamento fondamentale che deve guidare ogni persona in questo impegno al servizio del bene comune deve restare immutato: che ogni componente del popolo libanese si senta veramente a casa propria in Libano e veda che le sue preoccupazioni e le sue aspettative legittime sono effettivamente prese in considerazione, nel rispetto dei diritti degli altri. Per questo, si deve promuovere e sviluppare una vera educazione delle coscienze alla pace, alla riconciliazione e al dialogo, in particolare per le giovani generazioni. Come ha scritto il mio venerato predecessore Papa Giovanni Paolo ii: "Non bisogna mai dimenticare che un gesto di pace può disarmare l'avversario e spesso lo invita a rispondere positivamente con la mano tesa, poiché la pace, che è un bene per eccellenza, tende a comunicarsi" (Esortazione apostolica, Una speranza nuova per il Libano, n. 98). Questa pace duratura, che è un'aspirazione profonda di tutti i libanesi, è possibile nella misura in cui prevale in tutti un'autentica volontà di vivere insieme nella stessa terra, e di considerare la giustizia, la riconciliazione e il dialogo come il contesto propizio per risolvere i problemi delle persone e dei gruppi. Per edificare una società che assicuri a tutti i suoi membri un'esistenza degna e libera, è necessario sviluppare una cooperazione sempre più profonda fra tutte le componenti della nazione, fondata su relazioni fiduciose fra le persone e fra le comunità.
Signor ambasciatore, in questa importante fase che il suo Paese sta vivendo, la Santa Sede continua a seguire con grande attenzione gli sviluppi della situazione e nutre un interesse particolare per gli sforzi compiuti per risolvere definitivamente le questioni a cui il Libano deve far fronte. Particolarmente sensibile alle sofferenze che da così tanto tempo le popolazioni del Medio Oriente conoscono, la Santa Sede prosegue con determinazione nel suo impegno a favore della pace e della riconciliazione nel Libano e in tutta questa regione tanto cara al cuore dei credenti.
Al termine di questo incontro, mi permetta, signor ambasciatore, di salutare calorosamente per mezzo di lei i vescovi e le comunità cattoliche del Libano. Nella scia della recente beatificazione a Beirut di padre Jacques Haddad, Abouna Yaacoub, apostolo della misericordia e ardente predicatore della Parola di Dio, invito i cattolici a essere fra i loro concittadini, in comunione profonda con i loro pastori, artefici ardenti di unità e di fraternità. Che questo intenso momento che ha unito libanesi di ogni origine e sensibilità religiosa, nel riconoscimento della personalità piena di saggezza e dell'opera ammirevole di uno di loro, si prolunghi in un impegno comune al servizio della pace e dell'unità della nazione!
Signor ambasciatore, lei inaugura oggi la nobile missione di rappresentare il Libano presso la Santa Sede e di mantenere le eccellenti relazioni che uniscono il suo Paese alla Sede Apostolica. Voglia accettare gli auguri più cordiali che formulo per il suo felice esito e sia certo di trovare sempre fra i miei collaboratori la comprensione e il sostegno necessari!
Su di lei, sulla sua famiglia, sui collaboratori dell'ambasciata, su tutti i libanesi e sui dirigenti del suo Paese, invoco di tutto cuore l'abbondanza delle Benedizioni Divine.



(©L'Osservatore Romano - 17-18 novembre 2008)

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