martedì 25 novembre 2008

Sulla Lectio magistralis di sabato passato del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone

Le esigenze della vita civile secondo il cardinale segretario di Stato

Senso critico
e prudenza


di Raffaele Alessandrini

"La presenza del cristiano nel mondo non potrà mai essere ridotta a un mero fatto privato, perché ciò in cui crede non è da nascondere, ma, invece, da partecipare. I valori che appartengono alla fede non sono estranei a quelli che la natura conserva e la ragione raggiunge; sono condivisibili con tutti". Tale è la convinzione, e il monito, che il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ha inserito nelle conclusioni della sua articolatissima Lectio magistralis tenuta sabato 22 novembre al Teatro Pirandello di Agrigento sul tema "Principi su cui radicare e vivere la propria cittadinanza". Al porporato è stato consegnato il premio internazionale "Empedocle" per le scienze umane in memoria del giudice Paolo Borsellino - giunto quest'anno alla sedicesima edizione - e gli è stata altresì conferita la cittadinanza onoraria dal sindaco di Agrigento.
Il cardinale Bertone che si è detto "onorato per essere stato scelto come destinatario del premio per le scienze umane" ha significativamente tenuto a sottolineare la figura di Paolo Borsellino "nobile esempio di magistrato al servizio dello Stato, caduto sulla breccia il 19 luglio del 1992 insieme agli uomini della sua scorta, 57 giorni appena dopo la strage di Capaci che segnò la morte di un altro magistrato amico di Borsellino, Giovanni Falcone".
Alla luce di tali eroici esempi di vita, e di testimonianza umana e civile, va dunque compreso il tema stesso che il cardinale segretario di Stato ha voluto affrontare: i "principi su cui radicare e vivere la propria cittadinanza". Per dar vita "a un mondo più giusto e solidale, vivificato da una speranza che si traduca in operosità quotidiana al servizio del bene comune".
Il prossimo 10 dicembre ricorrerà il sessantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e nel tracciare un bilancio sul cammino fin qui compiuto dall'umanità, il cardinale Bertone ha sottolineato alcune prospettive rispetto a un reale riconoscimento dei diritti umani in ogni parte del mondo. In particolare c'è da riflettere su "quanto cammino resti da fare perché ogni essere umano si senta a pieno titolo cittadino del nostro pianeta; quale sforzo sia necessario nell'epoca della globalizzazione per dar vita a un dialogo capace di sfociare in una pace duratura, per concretizzare una giustizia non solo formale e una solidarietà che sia effettiva condivisione delle disponibili risorse materiali, umane e culturali. Ci si può infine chiedere quale futuro sia possibile costruire insieme e come costruirlo".
Presupposto di ogni comportamento, osserva realisticamente il cardinale Bertone, è l'onestà. "Puntare sui comportamenti virtuosi dell'uomo è non solo un valore, ma un bisogno. Poiché la corruzione e la carenza di onestà, a qualsiasi livello della vita sociale ed economica si registri, non sono solo un male, ma hanno pure un grave costo sociale ed economico". Pertanto, rifiutare comportamenti disonesti è un bene che reca vantaggi effettivi per tutti. Ecco perché vanno incentivati i comportamenti onesti e puniti quelli disonesti". Pertanto, afferma il cardinale segretario di Stato: "Occorre scardinare una idea di fondo che spesso sembra guidare il pensare e l'agire della società contemporanea impregnata di un pervasivo individualismo che porta a un pericoloso relativismo culturale ed etico. Il vantaggio personale ricercato e costruito in modo disonesto, non va solo a danno della società, ma finisce per danneggiare lo stesso individuo".
Un secondo rilievo riguarda l'equilibrio tra diritti e doveri dei cittadini. L'ultimo secolo - che pure tante oppressioni e ingiustizie ha visto consumarsi a carico di milioni di infelici e di deboli - è stato a ragione chiamato "il secolo dei diritti", perché l'uomo "ha preso coscienza di essere titolare di fondamentali esigenze che l'ordinamento giuridico è tenuto a riconoscere e a garantire, e perché la stessa comunità ha superato la "nozione di sudditanza" per approdare a quella di "cittadinanza", mettendo in positiva discussione quel "progetto" di organizzazione dei rapporti tra cittadini e istituzioni, quel sistema integrale ed integrato di diritti e di doveri, che ha costituito e deve tuttora costituire la misura e insieme il terreno di sviluppo di una convivenza solidale e responsabile nel Paese".
Ed è soprattutto sul tasto della responsabilità e della partecipazione dei cittadini che il porporato ha voluto insistere; è infatti indispensabile che il cittadino si riappropri in modo maturo della politica nel senso più alto del termine: ossia come servizio al bene comune. Una visione che risalta in modo nitido lungo tutto il magistero sociale della Chiesa. Il fine cui essa mira è quello dell'ordine sociale non solamente giusto, ma anche fraterno. "In un mio saggio sull'etica del bene comune - ha ricordato il cardinale Bertone - facevo presente che a nulla gioverebbe, infatti, ridistribuire equamente una ricchezza che fosse stata ottenuta in modo efficiente, ma offendendo la dignità di coloro che hanno concorso a produrla. Cosa ce ne faremmo di una società civile come sfera d'azione "separata" dalla società politica? Ecco perché l'agire socio-politico non può essere riduttivamente concepito nei termini di tutto ciò che serve ad assicurare la "convivenza" sociale (istituzioni, regole, strumenti), ma deve anche, e soprattutto, assicurare la "vita in comune" (...) Ne deriva che l'impegno socio-politico appartiene alla concezione cristiana della vita umana e quindi una critica morale alla vita politica va giudicata pertinente, non giustapposta, all'argomentazione politica".
I cristiani laici per tale ragione non possono in alcun modo estraniarsi dalla partecipazione alla politica così intesa, tenendo presente che il dovere della carità non va inteso solo in termini assistenziali, ma punta costruttivamente a incidere sulla realtà sociale e sul suo reale miglioramento. Carità, che è anche "lotta per la rimozione delle "strutture sociali di peccato"; lotta alla corruzione e all'ingiustizia. Impegno questo che non può essere delegato esclusivamente a chi fa politica in senso stretto: è piuttosto una responsabilità che interessa tutti (...) che trova nella giustizia e nella carità i suoi stimoli più forti ed efficaci". A tal fine occorre un'intelligenza critica: potremmo dire una prudenza sociale e politica dice il cardinale Bertone: "Capace di individuare e di comprendere i reali rapporti esistenti nella comunità, gli effettivi schieramenti degli interessi in conflitto, le forze reali - anche se occulte - che operano nel tessuto sociale e che spesso lo condizionano, come pure i pericoli di manipolazione a cui si è purtroppo sottoposti. Senza un'adeguata vigilanza e un'attenta valutazione delle situazioni e dei problemi, la partecipazione rischia di divenire meramente declamatoria e il cittadino, sostanzialmente suddito, corre il pericolo di essere incanalato - specie nell'attuale società telematica e della comunicazione di massa - in una democrazia formale, che è l'antitesi di una vera democrazia diffusa. Questo dovere di discernimento impone la ricerca di strumenti di conoscenza, di analisi e di controllo, che aiutino a valutare in modo oggettivo la realtà che i vari poteri sono spesso tentati di rappresentare in modo interessato o deformato".



(©L'Osservatore Romano - 24-25 novembre 2008)

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