lunedì 3 novembre 2008

Western, noir e commedia per indagare la condizione umana (da OR)

Wow, bello questo!

Pistole per sparare, parole per ferire


di Luca Pellegrini

Con le pistole, solitamente, si uccide; con la parola si può anche ferire. Le prime, sempre pronte a sparare, sono quelle impugnate da buoni e cattivi - ma forse in questo caso la divisione non ha molto senso - nel genere western riesumato splendidamente da un duro come l'americano Ed Harris che firma la sua seconda, importante e applaudita regia, Appaloosa, fuori concorso al Festival del film di Roma, trasportandoci nella mitologia della frontiera con qualche aggiornamento psicologico moderno, condensato in piccole, nevrotiche idiosincrasie.
Pistole sparano frequentemente anche nella New York di oggi e sono quelle in dotazione alla polizia del 31° distretto e alle bande che la fronteggiano: anche in questo caso il confine tra bene e male è assai labile e molti dei tutori della legge che soffrono e rischiano in Pride and Glory di Gavin O'Connor - con il fratello gemello produttore Gregory figli di un vero poliziotto newyorkese - quotidianamente la calpestano, dimostrando come i tempi sono confusi e pericolosi.
Le frasi, infine, che feriscono l'animo e generano vere e proprie battaglie familiari e generazionali, tra serre e cucine dell'avita magione, le troviamo disseminate in un esempio classico di sophisticated comedy prestata al cinema, Easy virtue, che l'australiano Stephan Elliot trae con scaltrezza da una commedia di Noel Coward del 1923.
Belle notizie, dunque, dal cinema americano e anglosassone che hanno surclassato con pochi titoli, ma ben scelti, le molte e deprimenti pellicole italiane disseminate nelle varie sezioni del Festival romano, terminato venerdì scorso.
Siamo al tramonto della colonizzazione del selvaggio west, è il 1882 e un piccolo, sgangherato paese del New Mexico, quello del titolo, viene messo a soqquadro dal signorotto locale. Sono ingaggiati, per riportare l'ordine, lo sceriffo Virgil Cole e il vice Everett Hitch, coppia straordinariamente felice e in sintonia interpretata dallo stesso Harris e da Viggo Mortensen: amministrazione della giustizia a tratti sommaria, ma tra i due è inscalfibile un codice d'onore che li mette al riparo dalla corruzione dei tempi nuovi e dall'assalto di passioni antiche.
Sono lì per combattere i soprusi, onorare le promesse, anche se ben retribuite, tenere a debita distanza le possibili tentazioni del denaro e del cuore. Sono concreti, nelle loro scelte, diretti nelle decisioni da prendere e misogini quanto basta per non farsi incastrare dal fascino femminile, incarnato da una paffutella e scaltra Renée Zellweger che usa le sue indubbie doti per assicurarsi un posto nella società a venire.
I luoghi, si direbbe, dell'animo e della natura, sono comuni ai grandi affreschi western, quelli indimenticabili di Ford, Sturges, Hawks e Leone, ma questa volta il modo di raccontarli dimostra un'inconsueta, moderna presa emotiva. L'imprevedibilità del domani fa precipitare anche le persone più sicure nell'incertezza mentre il sole che tramonta dietro le montagne rocciose chissà dove mai si rialzerà per i nostri impavidi eroi. Da una sola debolezza devono stare in guardia, e siamo nella sfera dei sentimenti: perché "i sentimenti ti fanno ammazzare", confessa Virgil a Everett. E qui si insinua il tema, così poco di moda, del sacrificio.
Non sono di facili costumi e nemmeno di deboli virtù questi massicci eroi del far west. Lo sono assai, invece, alcuni poliziotti che vivono di molto orgoglio e scarsa gloria nel noir d'azione Pride and glory che riporta ai temi, spesso affrontati dal cinema, delle piaghe dovute a facile corruzione, diffusa violenza e ai molti contrasti in seno all'animo di uomini drammaticamente divisi tra l'onore e il dollaro. Un film cupo, teso, appassionato e senza tentennamenti di regia: la famiglia Tierney è tutta dedita al proprio ideale, quello di servire con rettitudine, nel corpo della polizia, lo stato e la città. Certo, alcune macchie del passato ancora stingono l'integrità e non si fa molto per sciacquarle via. Ma chi può essere senza anche lieve peccato in un mondo in cui il peccato dilaga? Il problema nasce quando è troppo grande per rimanere celato causando a raffica una serie di omicidi proprio tra le forze dell'ordine. Anche in questo caso il bene e il male si confondono e si approderà a una violentissima remissione delle colpe.
Tutto è double-face? In questa società americana interpretata da ottimi attori: Colin Farrell è amorevole padre e torturatore di bambini e spacciatori; Edward Norton esce da vicende assai poco chiare e, macerato dentro, tenta la strada della redenzione fuori; il fratello Noah Emmerich tiene più al suo distretto e ai suoi commilitoni che alla verità; John Voight, il capofamiglia, pone i figli al di sopra di tutto, purtroppo anche dell'onestà.
Meglio gli anni Venti? Le mode che l'America esportava in Europa, riscuotendo grande seguito, erano all'epoca quelle legate alla forza persuasiva e al desiderio di emulazione innescato da una borghesia sofisticata e gaudente nella quale convivevano - ed è questa, almeno, la sua forza in letteratura - ricchezza, fascino, cultura e quel tocco di libertinaggio felpato adatto a oliare i meccanismi del teatro di Coward così come aveva fatto funzionare benissimo quello di Goldoni due secoli prima.
Easy virtue, in concorso, è un film tutto al femminile e femminile è lo scontro che si scatena tra austere e vetuste mura inglesi quando l'americana Larita, una bionda e conturbante Jessica Biel, appassionata di corse automobilistiche, raggiunge la famiglia del recente sposino e soprattutto fronteggia la suocera Mrs. Whittaker, una nevrotica e integerrima Kristin Scott Thomas. Innesca irresistibili sorrisi il vorticare di battute scandite con teatrale puntualità e se pure è assente qualsiasi tipo di esigenza etica, la commedia, sofisticata appunto, ha sempre felicemente il sopravvento. Anche se il pensiero corre, ancora una volta, ai girotondi e alle debolezze di una società: è un macigno il peso della guerra appena passata, spensieratamente si va incontro a quella futura. Tra paillettes, mimose, champagne, grammofoni e quant'altro, di lì a non molto il sorriso di Coward diventerà l'orrore di Levi.



Nessun commento: